Valli valdesi
Descrizione
Il territorio noto come “Valli valdesi”, sito nelle Alpi Cozie, comprende attualmente la val Pellice (con le sue diramazioni di Angrogna e Luserna), la val Germanasca (con i rami di Prali e di Massello) e la bassa val Chisone (versante destro, dal vallone di Roccapiatta a Pomaretto). Questi luoghi, in cui si concentra oggi la metà dei valdesi presenti in Italia, rappresentano il nucleo più antico dell'insediamento di comunità appartenenti alla Chiesa Valdese e sono segnati da vicende storiche complesse: i nomi dei luoghi e le loro appartenenze politiche sono infatti mutati più volte nel corso dei secoli.
Nel corso del Medioevo quest'area fu interessata dalla diffusione della predicazione dei Poveri di Lione, poi denominati Valdesi, che dalla Francia si diffuse in tutta Europa radicandosi maggiormente nelle Alpi Cozie, nella Provenza, in Calabria e nella Germania meridionale.
Nel Cinquecento, in particolare con l’occupazione francese di diverse zone della val Chisone avvenuta in diverse fasi, si diffuse anche in quest’ultima il culto riformato, per iniziativa di predicatori itineranti, ma anche di ufficiali e soldati. La presenza protestante, già consolidata nelle vicine valli Germanasca e Pellice, diventò quindi rilevante.
Nel 1561, dopo un tentativo di repressione, con l’accordo firmato a Cavour il duca di Savoia concesse ai sudditi che si riconoscevano nell'antica confessione di fede valdese di professare liberamente la loro fede. Tale permesso tuttavia aveva limitazioni territoriali, giacché si applicava solamente per l'area che comprendeva le “valli di Luserna”, oggi note come Valli valdesi. In questa decisione ducale, che non aveva precedenti e che anticipava di trent’anni l’Editto di Nantes, si parlava infatti della val Pellice (all’epoca chiamata val Luserna), della bassa val Chisone (val Perosa) e della val Germanasca (val San Martino). A partire dalla seconda metà del Cinquecento si veniva così a creare un'area geografica ben definita all'interno della quale era concesso ai suoi abitanti di professare la fede riformata.
Nuovi accordi nel 1562 restituirono però alla Francia (in cui era già inclusa l’alta val Chisone, o val Pragelato, che resterà francese fino al 1713) la sponda sinistra della val Perosa. Fino alla Rivoluzione francese la val Chisone fu quindi divisa in due territori con caratteristiche storiche e politiche distinte: di volta in volta sabauda, o francese, più spesso divisa in due dal corso del fiume, o trasversalmente, in corrispondenza del borgo di Meano e del Bec Dauphin, sperone roccioso. Solo nel 1713 con il trattato di Utrecht tutta la val Chisone passò al Piemonte e il crinale alpino diventò confine. Il duca di Savoia disattese tuttavia gli accordi in materia di tolleranza religiosa e invece di estendere alla val Pragelato le norme vigenti negli altri territori, adottò misure repressive che lentamente portarono alla scomparsa del protestantesimo (oltre a un impoverimento demografico ed economico) in quelle zone.
Nel corso del tempo le valli abitate dai valdesi ottennero una loro precisa connotazione e fu innanzi tutto la pubblicistica protestante a determinarne la definizione di “valdese”. Nei primi documenti sabaudi relativi a questa zona delle Alpi Cozie, infatti essa era definita come “valli di Lucerna”, o di “Lucerna e Valli”, oppure attraverso l'elencazione delle località. Una formula molto diffusa era “Valli di Luserna, Perosa, San Martino, Roccapiata, San Bartolomeo, Prarustino e luoghi annessi”, parlando della presenza di “Heretici”, poi sempre più spesso di “Religionari”, ma mai di valdesi (di conseguenza le valli non potevano essere definite con tale nome). Questo termine comparve nella documentazione ufficiale solo a partire dall’editto di Ristabilimento del 1694, quando i valdesi dopo l'esilio in Svizzera e il Rimpatrio – conseguenti alle campagne di persecuzione contro di loro scatenatesi a partire dalla metà del secolo – rientrarono in possesso dei loro beni. La definizione di “Valli valdesi” non si trovò però ancora per tutto il secolo successivo.
Per quanto riguarda le fonti protestanti, dal momento che inizialmente l’epiteto “valdese” era stato attribuito dagli avversari del movimento dei “Poveri di Lione” (che preferivano definirsi “Poveri nello spirito” o “Poveri di Cristo”), non fu usato fino alla metà del Cinquecento, quando fu adottato con accezione positiva, in particolare dall’Histoire Mémorable de la guerre faite par le Duc de Savoye, Emanuel Philebert, contre ses subjectz des Vallées (1561) e soprattutto dall’Histoire des persécutions et gueres faites depuis l’an 1555 iusques en l’an 1561 contre le peuple appelé Vaudois (1562). Qui il termine compariva trentadue volte, anche se non per definire il territorio: per trovare l’aggettivo “valdese” attribuito alle valli bisognò infatti aspettare il 1618 e l’opera del pastore ugonotto Jean-Paul Perrin, Histoire des Vaudois divisée en trois parties. Si può notare che veniva inclusa nelle Valli valdesi anche la val Pragelato (fino all’inizio del Settecento parte del Delfinato), così come fecero nelle loro opere dedicate alla storia valdese Pierre Gilles e Jean Léger.
Per quanto riguarda la cartografia, nelle fonti riformate, l’esempio più antico che attribuì alla zona il nome di Valli valdesi è rappresentato dalla carta del pastore valdese Valerio Grosso, datata 1640, che divenne il modello per quelle successive (cattoliche o protestanti). Per parte cattolica, la prima a inserire il termine “valdese” risale al 1686, ma le indicazioni delle carte coeve furono diverse, si trovava spesso la denominazione “le quattro valli”, talvolta si preferiva il termine “calvinisti” e “barbetti”.
Bibliografia
M. Fratini, Il paesaggio delle valli valdesi fra realtà e rappresentazione, in «La beidana», n. 23, giugno 1995, pp. 29-43.
L’immagine delle valli valdesi nella cartografia dal ‘500 al ‘700, a cura di G. Lusso, Torino, Claudiana, 1999.
Bibliografia. Vol. I – fino al 1996, a cura di P. Tirone, Atlante linguistico ed etnografico del Piemonte occidentale: Documenti e ricerche, vol. 4, Alessandria, Edizioni Dell’Orso, 1999.
D. Tron, La definizione territoriale delle Valli valdesi dall’adesione alla Riforma alla Rivoluzione francese, «Bollettino della Società di Studi Valdesi», n. 189, dicembre 2001, pp. 6-42.
G. Tourn, Le valli valdesi, Torino, Claudiana, 2005.
M. Fratini, Una frontiera confessionale. La territorializzazione delle Valli valdesi del Piemonte nella cartografia del Seicento, in Confini e frontiere: un confronto fra discipline, Milano, Franco Angeli, 2007.
Héritage(s). Formazione e trasmissione del patrimonio culturale valdese, a cura di D. Jalla, Torino, Claudiana, 2009.
http://www.bibliografia-valdese.com (sezione carte geografiche)
Immagini
- Valerius Crassus, Carta delle tre valli di Piemonte, in J. Léger, «Histoire generale des Eglises Evangeliques des Vallees de Piémont; ou Vaudoises [...]», 1668
- Jean Baptiste Nolin, Les Vallées du Piemont Habitées par les Vaudois ou Barbets, in «Description des Vallées de Piedmont, qu'habitent les Vaudois ou Barbets [...]», 1690
- Jean Malet, Nieuwe Caerte Der Valleyen In Piemont Door De Waldensen, 1691
- John Senex, The Valleys both of PIEMONT & FRANCE Which were the Seat of the Waldenses or Vaudois Both Antient & Modern, in «Papal Usurpation and Persecution, as it has been Exercis’d in Ancient and Modern Times with Respect both to Princes & People [...]», 1712
- Map of the three Protestant Valleys of Piedmont, in W.S. Gilly, «Narrative of an Excursion in Piedmont [...]», 1824
- Carte Historique des Vallées Vaudoises, in A. de Rochas d'Aiglun, «Les Vallées Vaudoises: étude de topographie et d'histoire militaire», 1880
- Vallées Vaudoises, in «Guide des Vallées Vaudoises du Piémont», 1898
- A cura di Sara Tourn